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Android è open source: ecco il manifesto di Google

Andy Rubin, a capo dello sviluppo di Android, smentisce qualsiasi voce sulla presunta standardizzazione del software. Il sistema operativo rimane personalizzabile e open source. Il codice sorgente della versione 3.0 sarà rilasciato quando sarà pronto.

 

Google scende in campo per difendere lo status open source di Android. La decisione di non pubblicare immediatamente il codice sorgente della versione 3.0 ha fatto vacillare l’immagine del colosso di Mountain View agli occhi dei fan del software aperto. L’azienda non ci sta e Andy Rubin, a capo dello sviluppo del sistema operativo, ha pubblicato un post in cui ha cercato di chiarire la situazione.

“Recentemente c’è stata molta disinformazione a mezzo stampa su Android e il ruolo di Google nel supporto dell’ecosistema. Sto scrivendo nello spirito della trasparenza e nel tentativo di mettere le cose in chiaro. La comunità Android è cresciuta tremendamente dal debutto del primo prodotto nell’ottobre 2008, ma siamo rimasti sempre impegnati nel promuovere lo sviluppo di una piattaforma aperta per l’industria mobile e non solo“.

Non crediamo in una soluzione unica che va bene per tutto. La piattaforma Android ha già favorito lo sviluppo di centinaia di differenti tipi di prodotti – molti dei quali non erano stati contemplati quando la piattaforma è stata creata. Ciò che mi stupisce è che nonostante l’enorme crescita della quantità di prodotti Android, la qualità e la coerenza continuino a essere priorità assolute“.

“Come sempre i produttori di dispositivi sono liberi di modificare Android per personalizzare qualsiasi caratteristica delle loro soluzioni. Questo gli consente di differenziarsi con funzionalità uniche. Se qualcuno vuole portare sul mercato un dispositivo compatibile con Android o includere applicazioni Google sul dispositivo, richiediamo che il prodotto sia conforme ad alcuni requisiti di compatibilità base“.

“Il nostro programma anti-frammentazione è in campo da Android 1.0 e per noi rimane una priorità offrire una grande esperienza utente ai consumatori e una piattaforma coerente per gli sviluppatori. Infatti tutti i membri della Open Handset Alliance, quando lo abbiamo annunciato per la prima volta nel 2007, hanno concordato di non frammentare Android. Il nostro approccio non è cambiato: non ci sono vincoli o restrizioni nella personalizzazione dell’interfaccia utente. Non ci sono e mai ce ne sono stati sforzi per standardizzare piattaforma sull’architettura di un singolo chipset“.

“Infine continuiamo a essere una piattaforma open source e continueremo a rilasciare il codice sorgente quando è pronto. Nel momento in cui scrivo il team di Android sta lavorando durantemente per portare tutte le nuove funzionalità di Honeycomb sugli smartphone. Appena questo lavoro sarà stato completato, pubblicheremo il codice. Questo ritardo temporaneo non rappresenta un cambiamento nella nostra strategia. Rimaniamo fermamente impegnati nel fornire Android come una piattaforma open source su differenti tipi di dispositivi. […] Continueremo a lavorare per un ecosistema sano e aperto perché crediamo veramente che questa sia la cosa migliore per l’industria e per i consumatori”.

In una sintesi molto stringata, Rubin dice sostanzialmente che Android sarà sempre aperto, non ci saranno vincoli e fa capire che il ritardo nella pubblicazione del codice è dovuto solamente alla criticità della versione 3.0, pensata per i tablet e inadatta agli smartphone. Pur comprendendo appieno le parole di Rubin e il pensiero di Google, sul tavolo rimane sempre una domanda fondamentale: un software che è gestito così da vicino da un’azienda commerciale si può davvero dire open source? E se la risposta fosse no, è un male o un bene?

Fonte: tomshw.it